La nostra casa è relativamente vicina al mare, con un relativamente che implica una macchina ma percorrenza inferiore ai venti minuti. Sta di fatto che per noi non ha alcun senso cambiare località delle vacanze, ovviamente.
Le mie esperienze quindi sulle “vacanze al mare” sono del periodo in cui ero figlia, più che quello in cui ho saltato la staccionata e sono diventata genitrice.
All’epoca (erano decisamente altri tempi) i miei affittavano in genere un appartamento in una località marina per circa un mese (l’ho detto, che erano altri tempi!).
Avendo due figlie piccole (8 e 4 anni), sembrava loro essenziale che le creature (noi) beneficiassero dell’aria marina, che si divertissero e che non avessero però da far rimpiangere casa attraverso capricci vari e mancanza di svaghi oltre la spiaggia.
I miei anticipavano qualsiasi problema affrontando le vacanze al mare come un trasloco e portandosi dietro, tipo lumache, praticamente casa: radio, giradischi, giochi, libri, pentole, generi alimentari (e che vai al mare senza portarti, per dire, la soppressata calabra? Non sia mai): si partiva con due macchine cariche tra noi e la Roba (che, a questo punto meritava una maiuscola, come minimo).
Come normale ed auspicabile la maggior parte del tempo lo si passava in spiaggia, seppure non sia mai successo di mangiare lì: si tornava a casa, si cucinava, si mangiava, ci si riposava o si giocava (in modo da evitare le ore più calde al solleone) e poi di nuovo in spiaggia.
Per quando assolutamente impegnativa come soluzione, devo dire che ha funzionato: ricreando il nostro nido e la nostra quotidianità non c’è mai stato l’effetto “sì bello, ma non vedo l’ora di tornare a casa mia e alle mie cose”.
Pur avendo ricevuto questo imprinting vacanziero, ben presto sono venuta a patti con la realtà e con un marito il cui motto primario è “less is more” e quindi con i miei figli, nei nostri frequenti spostamenti, concordo le cose extra da portare: scelgono giochi, libri, quello che vogliono, ma sanno che devono rimanere nel confine spaziale e ponderale di un bagaglio piccolo.
Quando siamo fuori comunque non mancano libri, giochi di società, spesso in versione tascabile, e non lesiniamo, nel caso di puntate al mare, sulle attrezzature ad hoc: braccioli, pupazzi, maschere, palle, tutto ciò che renda il mare un’esperienza giocosa e che possa coinvolgere sia i bambini che i genitori, in modo da viverla come esperienza “di famiglia”.
Il mio consiglio, maturato sul campo tra essere figlia e essere mamma, è quello di portare, sia che andiate in case in affitto che in albergo, qualcosa che possa tenere impegnati i vostri figli in giornate di pioggia (ché purtroppo in estate, al mare, ci sono) o di malattia (ché, altrettanto purtroppo, le sfighe non conoscono vacanza): oltre ai giochi di società, veri e propri evergreen, anche colori e album da colorare, timbrini e poi anche giochi destrutturati e quindi infiniti e vari, come cubetti di legno o tappi di bottiglia con cui improvvisare partite di dama sulla spiaggia (basta che poi vi ricordiate e di recuperarli e smaltirli in maniera debita!!!).
Se si decide di mangiare in spiaggia sarà bene portare anche dei giochi che possano tenere i bambini lontani dall’acqua nelle ore più calde, in cui il rischio di insolazione è maggiore. Giochi “stanziali” da fare sotto l’ombrellone possono essere domino, dama (cose che si possono anche “costruire” in loco con tappi, sassi, carta da disegnare), memory, oltre ai classici e intramontabili secchielli e palette.
Un’attività in cui coinvolgere i bambini è anche il reperimento di materiale naturale (conchiglie, legnetti sbiancati dal mare, sassi particolari) che poi si può utilizzare per fare collage o composizioni di vario tipo nelle giornate in cui andare al mare non sia possibile per vari motivi.
Per i bambini più grandicelli si può anche organizzare una sorta di “diario della vacanza”, invogliandoli a focalizzare sulla natura, sulle particolarità di ciò che accade e dando un senso temporale alla permanenza al mare; il “diario” poi potrà essere ripercorso e diventare strumento di racconto sia a scuola che agli amichetti e diventare un appuntamento fisso da ripetere negli anni.
Insomma i momenti “rubati” alla nuotata possono anche diventare interessanti punti di partenza per attività da portarsi dietro nelle stagioni più fredde, da realizzare in autonomia o diventare una routine familiare.
Un modo diverso di vivere la vacanza e di fare in modo che la vacanza ci segua un po’ tutto l’anno!!!