L’Italia è uno dei paesi più belli del mondo e oltre al privilegio di detenere il maggior numero di siti inclusi nella lista Patrimonio Mondiale UNESCO, ha anche un numero impressionante di leggende per bambini.
Sono storie che si intrecciano nei sentieri della mitologia, della fantasia e della tradizione più antica del nostro territorio. Da Nord a Sud, ecco quindi una carrellata delle leggende d’Italia, più o meno famose, che potrai raccontare ai tuoi figli per sostenerli nel viaggio di scoperta del Belpaese.
Le più belle Leggende d’Italia per bambini
Leggenda dalla Valle d’Aosta
Il Ponte del Diavolo
È la regione più piccola d’Italia e quella che presenta il territorio più montuoso e ricco di castelli da visitare con bambini. È la Valle d’Aosta, scrigno naturalistico che racchiude alcune delle cime più alte d’Europa e in cui potrai trovare il “ponte del diavolo”.
Infatti Pont Saint Martin, oltre ad essere un gioiello di architettura romanica alto 25 metri e lungo 35 metri, fatto costruire 2000 anni fa, racchiude tra le sue pietre la leggenda di San Martino che, un bel giorno, si trovò bloccato dal torrente Lys in piena.
In soccorso del povero Santo venne il diavolo, che si offrì di costruire un solido ponte, pretendendo in cambio l’anima di Martino, non appena lui avesse messo piede sull’altra sponda. Il povero frate accettò, ma quando il ponte fu finito, lanciò un pezzo di pane dall’altra estremità e così, il primo ad attraversarlo fu un cagnolino affamato. A quel punto, il diavolo, fu così arrabbiato che scomparve nel Lys tra lampi e zaffate di zolfo.
Leggenda dalla Liguria
Il polpo campanaro
Pirati che arrivano di notte come fantasmi, villaggi che profumano di salsedine arroccati sulle montagne e campane che suonano nel cuore della notte, per dare l’allarme all’attacco dei saraceni. Tellaro, un piccolo borgo affacciato sulla Riviera di Levante, è la cornice in cui si tramanda di generazione in generazione, la leggenda del polpo campanaro.
Una notte buia e tempestosa di quattro secoli fa, si narra che il paesino fu salvato grazie al guizzo di un polpo intraprendente, che vista la sentinella di guardia addormentata, iniziò a tirare forte la fune per far suonare le campane.
Da allora, in segno di gratitudine, il polpo viene celebrato ovunque in questo delizioso borgo ligure. Nelle storie, nei racconti mormorati sugli scogli, sugli stemmi e i bassorilievi all’ingresso delle case e ahimè, purtroppo per lui, anche in punta di forchetta. Lessato con patate e condito con olio di Tellaro, olive e aglio ma anche stufato con foglie di alloro, maggiorana, peperoncino, pomodoro e una spruzzata di vino bianco.
Leggende dal Trentino Alto Adige
Leggenda del Lago di Tovel
Avresti mai detto che da qualche parte, in Trentino, c’era un lago le cui acque, quando in estate faceva tanto caldo, si tingevano di rosso? È una magia che si ripeteva fino a qualche anno fa nel cuore del Parco Naturale Adamello Brenta, davanti agli occhi di chi sceglieva di camminare fino a raggiungere il Lago di Tovel.
In Val di Non, nessuno sapeva perché le acque del lago cambiassero colore, ma gli antichi saggi tramandavano una storia che correva indietro nei secoli, quando in Trentino c’erano ancora Re, cavalieri coraggiosi e principesse guerriere.
Si narra, infatti, del piccolo regno di Ragoli, a quei tempi governato da un vecchissimo Re che aveva come unica erede una figlia femmina, la principessa Tresenga. Alla morte del padre, quando la fanciulla divenne Regina, moltissimi pretendenti arrivarono in Valle, con la speranza di far breccia nel cuore della giovane sovrana e averla in sposa.
Tra tutti gli spasimanti che la fanciulla rifiutò, il Re di Tuenno, un personaggio molto poco raccomandabile dal nome Lacinto, ferito profondamente nel suo orgoglio, un brutto giorno attaccò il piccolo regno di Ragoli marciando con il suo esercito.
La battaglia avvenne proprio sulle sponde del Lago di Tovel. Fu un momento terribile. Tutto il popolo di Ragoli, Regina compresa, diedero battaglia a quell’esercito invasore fino all’ultimo respiro, ma purtroppo i soldati di Lacinto, crudeli e temprati da mille battaglie, ebbero la meglio, uccidendo e versando nel lago, il sangue nobile di Tresenga.
Da quel giorno, si dice che il lago divenne rosso e che lo spirito della sovrana aleggi lungo le sponde del lago. Nella realtà, il colorito rossastro sembra che sia dovuto ad un’alga particolare che prolifica con il caldo, ma a noi piace pensare sia lo spirito battagliero della giovane Regina guerriera che, nelle notti di luna piena, piange la triste sorte del suo popolo.
Leggenda di Re Laurino
Le Dolomiti, montagne dichiarate Patrimonio UNESCO dal 2009, racchiudono tantissime storie. Tra tutte le leggende che avvolgono di fascino e mistero i “Monti Pallidi”, una è molto cara ai bambini. È la favola di Re Laurino, che coglie l’occasione per spiegare ai più piccoli anche la magia dell’enrosadira, lo straordinario fenomeno per cui, all’alba e al tramonto, le Dolomiti si tingono di rosa.
Secondo questa leggenda, in un tempo molto lontano, sul Catinaccio – uno dei gruppi montuosi più belli che si affacciano sulla Val di Fassa – si nascondeva il giardino di rose di Re Laurino. Questo Eden meraviglioso, chiamato in tedesco Rosengarten, si dice sorgesse proprio dove in primavera, agli occhi degli escursionisti più attenti, si intravedeva una grande chiazza di neve racchiusa in una sorta di catino.
A quel tempo, Re Laurino regnava su un popolo di nani, che scavava nelle viscere della montagna alla ricerca di metalli preziosi come cristalli, argento e oro. Il Re era molto amato e possedeva due armi magiche che gli erano state date in dono: una cintura che gli forniva una forza pari a quella di 12 uomini ed un mantello che lo rendeva invisibile.
Un bel giorno, il Re dell’Adige decise che era giunto il tempo per la sua bellissima figlia Similde di convolare a nozze e, con l’idea di cercare un giovane promettente fidanzato, invitò tutti i nobili del circondario a partecipare ad un torneo cavalleresco. Il perfido Re chiamò a raccolta tutti tranne Re Laurino che, indossato il suo magico mantello, decise di partecipare comunque come ospite invisibile. Quando sul campo di gara ebbe modo di vedere Similde, Laurino se ne innamorò all’istante, la caricò in groppa al suo cavallo e fuggì a spron battuto portando la giovane presso la sua dimora.
Tutti gli altri combattenti, al richiamo del Re dell’Adige, si lanciarono subito all’inseguimento per riportare indietro la fanciulla, ma una volta schierati davanti all’ingresso del Giardino delle Rose, Re Laurino indossò la cintura magica e si gettò nella lotta con la forza di 12 uomini. La battaglia fu lunga ed estenuante e quando si rese conto che, nonostante la cintura magica, stava per soccombere, indossò il mantello che lo rendeva invisibile e iniziò a saltellare qua e là nel giardino, convinto di non essere visto dagli altri pretendenti. Ma i cavalieri, furbescamente, riuscirono ad individuarlo osservando il movimento delle rose sotto le quali Laurino cercava di nascondersi. Lo afferrarono, gli tolsero mantello e cintura e lo imprigionarono.
Laurino arrabbiato per il destino avverso che lo aveva colpito, si girò verso il suo amato Giardino delle Rose e sentendosi tradito gli lanciò una maledizione. Da quel momento, infatti, né di giorno, né di notte, alcun occhio umano avrebbe potuto più ammirarlo.
Laurino però, nella sua feroce invettiva, dimenticò di citare l’alba e il tramonto e così, da allora, accade che il Catinaccio si colori come un giardino di ineguagliabile bellezza, con colori che cambiano di intensità, sfumature e magia, proprio al variare della luce crepuscolare.
Leggenda dalle Marche
Casteldimezzo e il crocifisso dei miracoli
Nelle Marche, all’interno dell’area naturale Monte San Bartolo, nella provincia di Pesaro e Urbino, sorge un piccolo borgo a soli 3 chilometri dal mare. È Casteldimezzo, celebre sulla Costa Adriatica per un Crocifisso la cui fattura corre indietro fino agli inizi del 1500.
All’interno della piccola chiesa del paese, si trova questo bellissimo Cristo ligneo di fattura veneziana, che in quegli anni era stato spedito per mare, trasportato in una cassa. Purtroppo, durante il lungo viaggio dalla Serenissima, per colpa di un terribile naufragio, la cassa contenente il prezioso oggetto di culto approdò sul litorale fra Fiorenzuola di Focara e Casteldimezzo.
I due borghi, allora, per contendersi il Crocifisso, decisero di caricarlo su di un carro di buoi e lasciare al fato la scelta. I buoi si diressero senza esitare verso Casteldimezzo e si fermarono proprio davanti alla chiesa. Da allora il Cristo arrivato per mare, si dice sia stato fautore di numerosi miracoli, fra cui uno scampato assedio da parte della Signoria dei Medici a danno del Ducato di Montefeltro.
Che sia miracolo o leggenda, non importa! È assolutamente da segnare tra le cose da visitare durante una vacanza nelle Marche con i bambini!
Leggenda dalla Sardegna
Le Janas
Macomer è un paese arroccato alle pendici del monte Marghine, in provincia di Nuoro, famoso per le antiche civiltà nuragiche. Qui, secondo la leggenda, vivevano le Janas, creature a metà tra le streghe e le fate, che apparivano di notte. Piccole, delicate e con la pelle luminescente, arrivarono da luoghi misteriosi in un tempo incerto.
La tradizione racconta che le “fatine sarde” e gli umani del luogo, vivevano in pace ed in armonia tra loro. Le Janas erano molto belle e usavano vestirsi in maniera elegante, indossando sempre un fazzoletto a fiori e preziose collane d’oro. Apparivano durante la notte, soprattutto durante le feste di paese, chiamando per tre volte la persona che avevano scelto con l’intento di portarla a vedere i loro inestimabili tesori. Se la persona si dimostrava onesta e non tentava di rubare, sarebbe stata ricompensata per sempre, altrimenti tutto quello che avrebbe toccato si sarebbe trasformato in carbone e cenere.
Ma un giorno, secondo le voci di paese, la leggenda narra dell’arrivo a Macomer di alcuni stranieri, provenienti da Pisa. Gli stranieri, invitati alla festa del villaggio, videro per la prima volta le fatine sarde e restarono folgorati dalle quelle creature celestiali, ma soprattutto dai ricami e dai tessuti preziosi con cui le vesti delle Janas erano fatti. Non appena il primo straniero allungò le mani sui bottoni del vestito di una Janas, le altre sorelle accorsero al suo fianco e la portarono via, sparendo definitivamente da Macomer e da tutta la Sardegna.
Le fatine, però, popolano l’immaginario dei sardi e di chi frequenta abitualmente l’isola ancora oggi. Se sei in vacanza su questa splendida isola, Macomer merita una visita.
Leggenda dalla Campania
Palinuro, il nocchiero di Enea
La località di Palinuro è uno dei luoghi più affascinanti di tutta la costa campana e la sua fama ha origine antichissime, tanto che se ne parla perfino nell’Eneide di Virgilio. Si racconta infatti, che Palinuro il nocchiero di Enea, cadde in mare tradito dal Dio Sonno, mentre guidava la flotta verso le coste italiane.
Secondo la leggenda, una notte il Dio Sonno lo fece addormentare cullandolo con dolci melodie, per poi buttarlo nelle acque agitate del Tirreno. Accortosi della sua sparizione, Enea iniziò a cercarlo senza sosta. Palinuro però, una volta in acqua e risvegliatosi dal torpore dell’incantesimo, iniziò a nuotare disperatamente fino a raggiungere le coste campane dove, sfinito per la stanchezza una volta arrivato, venne ucciso barbaramente dai velini, nel territorio di Velia, colonia della Magna Grecia, che sorge ora a 20 chilometri dalla cittadina che porta il nome del nocchiero di Enea.
Ma la storia di Palinuro e l’eroe decantato da Virgilio non finisce qui, perché i due, dopo la separazione sulla terra, si ritroveranno negli inferi… con una nuova straordinaria avventura da vivere.
Leggenda dalla Puglia
Le isole Diomedee
Mare caraibico, profumo di pini di Aleppo e il silenzio della natura. Meta imperdibile di una vacanza in Gargano, l’arcipelago delle Isole Tremiti è un vanto dell’Adriatico molto amato anche dai turisti stranieri. Oltre alla bellezza naturalistica di questo luogo, i cinque isolotti che compongono le Tremiti nascondono una storia affascinante quanto il loro mare.
Sono diversi, infatti, i racconti che si intrecciano a queste piccole perle silenziose, tutte legate alla figura del leggendario eroe Diomede che si dice esserne il fondatore.
La storia racconta che Diomede, dopo aver conquistato Troia e vagato per mare molti anni, approdò esausto su queste isole, dove esalò l’ultimo respiro sulla spiaggia dell’isola di San Nicola, indebolito per le tante battaglie. I compagni dell’eroe, sconvolti e inconsolabili per la sua morte, vennero trasformati dalla dea Venere nelle Diomedee, una specie di gabbiani molto particolari, riconoscibili per il canto simile ad un pianto funebre.
Ancora oggi, si crede che questi uccelli siano i custodi della tomba di Diomede e se visiterai le Tremiti fuori stagione, potrai tendere l’orecchio a questa speciale manifestazione descritta anche nei libri di Aristotele. Il filosofo greco scriveva che questi particolari uccelli, avevano la capacità di distinguere tra buoni e cattivi, come se in loro vivesse ancora l’anima degli uomini che erano un tempo, capaci di accogliere gli spiriti amici dei greci e respingere con il loro pianto quelli dei barbari nemici!
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